Ma forse la più grande rivoluzione del futuro, scrisse il filosofo F. M. Esfandiary nel 1973, sarebbe stata l'abolizione del concetto stesso di case private, ridenominate "Mobilia". Cioè, ogni casa o appartamento sarebbero stati aperti all'intera popolazione mondiale! "Nel futuro, i mobilia rimpiazzeranno case, famiglie, comuni. Il processo sarà multinazionale e multirazziale. Chiunque si presenti in qualunque alloggio, in qualsiasi luogo del pianeta, potrà restarvi senza nemmeno presentarsi, trascorrere qualche giorno o settimana (sei mesi dovrebbero essere il massimo) e poi andarsene senza complimenti. Potrete recarvi in altri mobilia e poi tornare di nuovo all'alloggio precedente. Naturalmente non sarà mai lo stesso, perché nel frattempo anche gli altri occupanti si saranno spostati. Un luogo potrà ospitare tre persone o trecento in base alle dimensioni e disponibilità. Se un alloggio sarà temporaneamente pieno, i nuovi arrivati potranno essere diretti ad altri mobilia. Anche all'interno, non esisterà la proprietà privata. Potrete portare delle cose nei mobilia, ma senza portare via niente. Se vorrete possedere un oggetto, non dovrete lasciarlo nei mobilia".

KITCHEN COMPUTER DELLA HONEYWELL, 1965

Nelle case del futuro, le faccende si sarebbero ovviamente sbrigate con metodi del futuro. Per esempio, secondo quanto sostenne nel 1950 Popular Mechanics, i piatti sporchi si sarebbero semplicemente sciolti in acqua calda e sarebbero scesi per lo scarico. Quanto alle pulizie domestiche, "la massaia del 2000 si limiterà a usare un idrante. Perché no? Mobili, tappeti, tende, impiantiti a prova di graffio... saranno tutti fatti di tessuto sintetico e plastica impermeabile. Dopo che l'acqua sarà scesa da uno scolo nel mezzo del pavimento (poi celato da un tappeto di fibra sintetica), basterà accendere un soffio d'aria calda per asciugare tutto".

A SINISTRA: "LAVATRICE UMANA" A ULTRASUONI DELLA SANYO, 1970. A DESTRA: DUE MODELLI DI VIDEOTELEFONO BELL-WESTERN ELECTRIC, 1965 (SOPRA) E 1969 (SOTTO)

Inoltre sarebbero spuntati fuori elettrodomestici del futuro. Nel 1956 Roger Kyes, dirigente della General Motors, previde che in ogni abitazione ci sarebbero stati un congegno ultrasonico per pulire i piatti senza adoperare neppure una goccia d'acqua, un bruciatore non inquinante per i rifiuti, al posto della fognatura, macchine in grado di prendere i panni sudici dal portabiancheria, suddividerli, lavarli, piegarli e stirarli da sole, un dispositivo per il lavaggio automatico dei pavimenti in pochi minuti e un reattore atomico per l'energia elettrica. In effetti, la Hughes Aircraft costruì con successo un frigorifero alimentato da tre cariche di plutonio. Nel 1965 la Honeywell presentò e mise anche in vendita per 10.000 dollari il primo "computer da cucina", in grado di immagazzinare ricette. Si dice che ci volessero due settimane per imparare a programmarlo, e lo si può vedere dalla complessità della tastiera... che non aveva nemmeno lettere e numeri come oggi! Un'altra caratteristica incredibile è... l'ampio tavolino incorporato nella parte anteriore, su cui la massaia avrebbe dovuto preparare materialmente il cibo. Nel prezzo era compreso anche... un grembiule.

MIND EXPANDERS, 1967-69

Un congegno che tutti si aspettavano da un anno all'altro era il videotelefono, il cui primo rozzo esemplare, capace di trasmettere solo un fotogramma ogni 2 secondi, fu realizzato dalla Bell System nel 1956. Il primo esemplare di uso pratico fu esposto alla Fiera Mondiale di New York nel 1965, dove però collegava solo due cabine vicine fra loro. Nel 1970 venne fatto un collaudo su larga scala a Pittsburgh. Appositi comandi permettevano di regolare l'immagine in su, in giù, ingrandendo, rimpicciolendo, nonostante la telecamera fosse fissa. Fu predetto che entro il 1980 sarebbero stati in funzione un milione di videotelefoni, capaci di trasmettere 30 fotogrammi al secondo. Ma il costo era troppo alto ($175 di abbonamento al mese, di quei tempi, e costi variabili da $16 a $27 per tre minuti), l'immagine piccola (circa 12 centimetri di lato), in bianco e nero, e di cattiva qualità. Il pubblico lo rifiutò.

ARREDAMENTI VISIONARI DEL DESIGNER VERNER PANTON, 1968-1970

Nel 1970 la Sanyo presentò una vasca da bagno di forma ovale, ermetica, da cui usciva solo la testa. Oltre all'acqua, usava solo ultrasuoni, come immaginato da Kyes, e palline di gomma in movimento. Sarebbe stato come essere in lavastoviglie: sette minuti per il lavaggio, due per il risciacquo e cinque per l'asciugatura ad aria. Gli architetti Hans-Rucker-Co. presentarono a partire dal 1967 gli ordigni più bizzarri di tutti, chiamati Mind Expanders, da indossare sulla testa come caschi insettoidi di aspetto mostruoso (anche per due persone). Il loro scopo era quello di isolare dal mondo esterno e mostrare suoni e luci che avrebbero dovuto indurre uno stato ipnotico, un "viaggio" senza bisogno di allucinogeni.

ARREDAMENTI VISIONARI DEL DESIGNER JOE COLOMBO. A SINISTRA: HABITATION CAPSULE, 1969. A DESTRA: TOTAL FURNISHING UNIT, ARREDAMENTO COMPLETO IN UN UNICO BLOCCO, 1971

Nel frattempo, i progressi della chimica e la disponibilità di nuove materie plastiche e fibre sintetiche multicolori stavano provocando una rivoluzione anche nell'arredamento. Nel 1967 il designer danese Verner Panton predisse "entro l'anno 2000, la casa come la intendiamo noi non esisterà più". I suoi arredi visionari, realizzati proprio per l'industria chimica Bayer ed esposti in Germania intorno al 1970, non includevano le cucine. "Cucinare diventerà un hobby, interi menù usciranno dalle fabbriche di cibo pronti per il consumo. La funzione degli appartamenti nel futuro sarà solo quella di far riprendere la gente dalle pressioni quotidiane". Nel 1967 il designer francese Quasar Khanh fu uno dei primi a introdurre mobili gonfiabili, come lampadari ad anello, sedie, tavolini, e anche una struttura gonfiabile trasparente, cilindrica, che avrebbe potuto fungere da vera e propria casa nella casa. Altri introdussero letti, divani e poltrone. Si pensava che, in appartamenti sempre più piccoli per via della sovrappopolazione, il mobilio si sarebbe potuto sgonfiare e rigonfiare a volontà, secondo la necessità del momento. Sempre pensando a un futuro sovrappolato, nel 1971 il designer italiano Joe Colombo raccolse in un solo blocco di 28 metri quadrati quattro sezioni contenenti due letti singoli, cucina, bagno, armadio, televisore. Le quattro sezioni potevano essere combinate in vari modi.

A SINISTRA: LIVING CAPSULE DELLA SANYO, 1970. A DESTRA: VILLA ROSA, 1968

L'idea della "casa nella casa", cioè una capsula in cui rifugiarsi per ottenere il completo isolamento, e dotata a sua volta di comodità come letto, TV, impianto stereo e bar, fu studiata anche da altri architetti, ad esempio dalla Sanyo in Giappone. I due concetti vennero fusi insieme dallo studio tedesco Himmelblau, che nel 1968 presentò Villa Rosa, una capsula gonfiabile sferica destinata al rilassamento, che poteva essere ingrandita o rimpicciolita con l'aria contenuta in altri palloni. Oltre alla sfera principale c'era un "rifugio" staccabile da portarsi appresso.


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