L'esatto opposto fu un'altra incredibile idea, la città volante. Pare che un argentino di nome Kosice avesse immaginato qualcosa del genere già nel 1946, ma a sviluppare il concetto fu ancora una volta Buckminster Fuller nel 1958. La città volante di Fuller, denominata Cloud Nine, era simile a un colossale pallone ad aria calda. "Se il sole splendesse su una sfera d'alluminio di mezzo miglio di diametro, basterebbe che la temperatura interna aumentasse di un solo grado Fahrenheit e il peso totale dell'aria all'interno, più quello della struttura, diverrebbe molto minore dell'atmosfera circostante. Una sfera geodetica dal diametro superiore a mezzo miglio diventerebbe quindi una nuvola artificiale. Tali sfere potrebbero essere concepite per galleggiare all'altitudine preferita di migliaia di metri. Il peso aggiuntivo degli esseri umani all'interno sarebbe insignificante. A bordo di sfere ampie un miglio e oltre, potrebbero essere alloggiate molte migliaia di passeggeri, e questi potrebbero viaggiare da una nuvola all'altra, o da una nuvola ancorata a una montagna fino al suolo". I calcoli mostravano che la struttura avrebbe mantenuto il calore anche di notte. Fuller previde perfino la costruzione in serie di grattacieli... che avrebbero potuto spiccare il volo con dei razzi, e posarsi in ogni luogo desiderato.
CLOUD NINE DI BUCKMINSTER FULLER © Buckminster Fuller Institute
Simili alle città volanti di Fuller furono i giardini aerei che un altro visionario, Thomas Shannon, ipotizzò negli anni '70. La cupola trasparente, alta un chilometro, avrebbe ricoperto un'area di tre chilometri di diametro. I giardini lussureggianti, dimora ideale di artisti, avrebbero fluttuato come nuvole a circa un miglio da terra, portando ombra.
GIARDINI VOLANTI DI SHANNON
Nel 1964 l'architetto inglese Ron Herron, dello studio Archigram, disegnò degli edifici alti 40 piani in grado di camminare per le campagne su zampe telescopiche come giganteschi insetti, unendosi tra loro a formare aggregati e città di forma sempre nuova. Sarebbero stati proprio come colonie di coleotteri.
CITTA' INSETTOIDI DI RON HERRON © Ron Herron, Archigram
Il gruppo Archigram, attivo in Inghilterra dal 1961 al 1974, fu particolarmente prodigo di idee strampalate. Il più noto fu forse Plug-In City, che avrebbe dovuto essere collegata agli altri centri urbani, oltre che da auto, anche da monorotaie e hovercraft. Peter Cook, l'architetto capo, la definì "Una struttura modulare su larga scala, con vie d'accesso e servizi essenziali, edificabile su qualsiasi terreno. In questra struttura verranno inserite unità buone per tutti gli usi, e programmate in anticipo per l'obsolescenza. Le unità saranno collocate e sostituite per mezzo di gru che correranno lungo una rotaia all'apice della struttura. L'interno conterrà mezzi meccanici ed elettronici intesi per rimpiazzare il lavoro odierno. La stuttura base sarà costituita da un'intelaiatura diagonale di tubi di 2,75 metri di diametro, che si incroceranno a intervalli di 44 metri. Da ogni incrocio si dipartiranno otto tubi. In un tubo su quattro si troverà un ascensore veloce, oppure un più lento ascensore locale. Sempre uno su quattro servirà da via di fuga, e il tubo rimanente fungerà da condotto per beni e servizi. Anche i pavimenti saranno sospesi". Erano naturalmente previste anche scale mobili. Strutture gonfiabili avrebbero protetto il cuore della città dal maltempo. La popolazione avrebbe vissuto in capsule che le gru sopraelevate avrebbero collocato ovunque si volesse: inoltre, le gru sarebbero servite anche a smistare i beni necessari alla sommità dei tubi.
PLUG-IN CITY: VISIONE D'INSIEME (A SINISTRA) E SEZIONE (A DESTRA). SOTTO: ALTRA SEZIONE. IN BASSO: ESTERNO DELLA CAPSULA (A SINISTRA) E INTERNO (A DESTRA) © Peter Cook, Archigram
L'unità abitativa base di Plug-In City avrebbe dovuto essere la Capsula, ideata da Warren Chalk nel 1964. "La capsula spaziale fu un'ispirazione da ogni punto di vista" scrive Peter Cook, "e mentre Plug-In City stava venendo sviluppata, divenne presto ovvio che questo tipo d'abitazione sarebbe stato l'ideale, incuneato e impilato in una struttura a torre. L'intera torre sarebbe stata organizzata per collocare gli elementi tramite una gru, e gli elementi obsoleti sarebbero stati aggiornati col progredire della tecnologia". L'arredamento sarebbe stato spartano, poco più di un letto, ma con ogni sorta di strumenti tecnologici e audiovisivi. Ancora su Plug-In City, Cook disse: "Finalmente gli edifici potranno diventare animali, con parti gonfiabili e tubi idraulici e un piccolo ed economico motore elettrico. Potranno crescere e rimpicciolirsi, diventare diversi, diventare migliori".
MODELLO TRIDIMENSIONALE MODERNO ISPIRATO A PLUG-IN CITY (A SINISTRA) E TORRE DI MONTREAL, 1963-67 (A DESTRA)
La Torre di Montreal, commissionata ad Archigram nel 1963, avrebbe dovuto essere eretta in occasione dell'Esposizione Universale che vi si tenne nel 1967, e costituirne l'attrazione centrale. Peter Cook la definì "Un esercizio per i concetti strutturali e di ricambio delle parti che sviluppammo poi per Plug-In City, un albero verticale di cemento dalle enormi radici, che avrebbe fornito una enorme varietà di funzioni d'intrattenimento". La torre doveva includere alla base tre grandi auditorium da 1500-2000 posti. Nel livello mediano alto 125 metri avrebbero collocato ristorante, sala da ballo, spazi per mostre e perfino un acquario, mentre alla sommità si sarebbe trovato, oltre ad un altro ristorante e night club, anche un osservatorio. Il tutto fino a 263 metri d'altezza.
DIRIGIBILE PER DISPIEGAMENTO DI INSTANT CITY, 1970 © Ron Herron, Archigram
Archigram produsse anche l'idea di una Instant City trasportata da una ventina di autocarri... o addirittura da un dirigibile in grado di suddividersi in più parti, come proposto da Ron Herron nel 1970. La città avrebbe potuto essere creata dal nulla, o sovrapporsi alle strutture di una comunità già esistente. Parte dell'opera sarebbe stata svolta da robot in grado di "infiltrarsi" in ogni dove. Un edificio in disuso sarebbe stato usato come centrale operativa. I princpali elementi di costruzione sarebbero state parti gonfiabili, o addirittura semplici tendoni. Di conseguenza la città istantanea avrebbe potuto essere smontata e ricreata altrove. "Il progetto partiva dall'idea" scrisse Peter Cook, "di portare ovunque il dinamismo di una metropoli, anche in un villaggio. I componenti sarebbero stati schermi audiovisuali, proiettori televisivi, furgoni, gru e luci elettriche".
MUSICA UN PO' SINISTRA DAL FILM OPERAZIONE DIABOLICA, DI JERRY GOLDSMITH
SOME EERIE MUSIC FROM THE FILM SECONDS, BY JERRY GOLDSMITH
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